E’ un mondo difficile, anche per gli adolescenti. Sono fluidi, nel senso che non amano essere cristallizzati, circoscritti ad un modello binario (maschio o femmina) e si riservano (e difendono) la possibilità di cambiare sempre idea. Sono più liberi? Forse sì, ma c’è ancora molto da capire. C’è sicuramente bisogno di far ordine in uno scenario culturale che non ha ancora costruito su questo uno sguardo e soprattutto un linguaggio condiviso.
Ma cosa si intende esattamente con la definizione “gender fluid”?
“Inizierei dal dire cosa non è” dice Elena Buday, psicoterapeuta dell’adolescenza presso l’istituto Il Minotauro di Milano, intervenuta recentemente a Carpi in un convegno organizzato dall’Unione delle Terre d’Argine dal titolo “Adolescenza Fluida e Identità di Genere.
“ Una cosa è la disforia di genere, che è una condizione stabile e definita nella quale non ci si riconosce nel proprio sesso biologico (o genere assegnato alla nascita), altra cosa è la fluidità: un modo di identificarsi che prescinde dalla binarietà dei sessi biologici, e prevede -in analogia con le proprietà fisiche dei fluidi- la possibilità di scorrere, evolvere, cambiare forma. Per i ragazzi oggi la fluidità è qualcosa di molto vicino alla possibilità di affermare il diritto ad essere quello che si è, al al di là di vincoli e stereotipi precostituiti rispetto al genere. Riguarda anche gli orientamenti affettivi, ovvero la direzione dei propri innamoramenti ed attrazioni sessuali. Zygmunt Bauman lo dice molto chiaramente quando parla delle identità “liquide” in una società le cui strutture si vanno decomponendo e ricomponendo rapidamente, lasciando gli individui alle prese con una costruzione identitaria libera ma anche spesso incerta e complessa.
Possiamo tracciare alcune caratteristiche degli adolescenti che si definiscono fluidi?
Sono giovani interessati a coinvolgere il loro interlocutore più con il pensiero, con i tratti della loro personalità, che con il sesso. Quest’ultimo è infatti un aspetto secondario e spesso assente. Sono più inclusivi, attenti alle differenze, alle minoranze. La fluidità è un linguaggio, il linguaggio di quegli adolescenti che non si riconoscono in termini stereotipati, in pensieri rigidi, predeterminati. Si pongono come ideale la libertà di essere sempre ciò che sentono di essere.
Perché proprio ora emerge con insistenza il tema della fluidità fra i giovani?
Le ragioni sono diverse ed è difficile intercettarle con certezza. Senz’altro è cambiato il vissuto della sessualità, al di fuori della precedente cornice etico-normativa- morale, è divenuta spesso performativa, e veicolo di comunicazioni commerciali. Inoltre oggi esiste anche la possibilità concreta di cambiare genere attraverso gli interventi più avanzati nel campo della medicina: è possibile non solo pensarlo ma anche realizzarlo fisicamente. Addirittura si possono avere bambini senza passare da un rapporto fisico tra uomo e donna.
La Sala Loria di Carpi era gremita di genitori, la percezione è che siano i più smarriti nell’affrontare questi temi…
E’ così. Normalmente assistiamo a due schieramenti, i conservatori intransigenti e quelli che tentano di aprirsi ad una visione che è ancora tutta in divenire. Il mio consiglio è quello di mettersi in ascolto, tollerando anche l’attesa. Il tempo cioè necessario a sperimentare. L’ansia del genitore per un brutto voto (sarà un fallito), o per una sbronza (diventerà un alcolizzato) li spinge spesso a cristallizzare situazioni che non esprimono esperienze realmente definitive ma momenti ancora in costruzione. Gli adolescenti sono proiettati biologicamente verso il futuro, che è connaturato al cambiamento continuo, alle novità. Possiedono una spiccata sensibilità verso tutto ciò che si differenzia dal “già detto o fatto”. Ma non dimentichiamo che sono anche in cerca di punti di riferimento, ed è qui che gli adulti sono chiamati ad avere rilevanza, ad essere di riferimento per gli adolescenti, nel trasmettere valori e ideali. Perché i nostri ragazzi, tra pandemie e guerre, sentono il futuro più come minaccia che come promessa, come ben ci ha mostrato Miguel Benasayag (filosofo e psicanalista che si è occupato per anni di problemi dell'infanzia e dell'adolescenza).
Bè un percorso tutt’altro che semplice …
Ma la direzione è obbligata: obiettivi, percorsi e linguaggi educativi vanno ripensati se non vogliono correre il rischio di rivolgersi a un adolescente che non esiste più.